Lo staff di Pioli finito nel ciclone!

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Il ritorno di Ibra è un’ammissione di colpe. Tempo di sosta e con essa di riflessioni. Forse anche di decisioni in casa Milan, in vista di un confronto già programmato tra il CEO Giorgio Furlani e lo staff tecnico guidato da Stefano Pioli per provare a trovare la soluzione all’annoso problema degli infortuni.

Una presa di coscienza necessaria ma forse tardiva se si considera che l’incredibile numero di infortunati (la gran parte di natura muscolare) è una questione che si protrae da almeno quattro stagioni e con cifre sempre crescenti e sempre più allarmanti.

Ma si tratta soprattutto del primo vero momento della stagione nella quale il management insediatosi la scorsa estate al posto del “tridente” formato da Gazidis, Maldini e Massara si adopera in una mossa concreta per affrontare una problematica di natura sportiva.


IL RITORNO DI IBRA – La sensazione che sin qui si sia avvertita l’assenza di uno o più figure pronte e disposte a farsi carico di un dialogo costante col tecnico, nel momento più delicato della gestione Pioli e della prima sliding door di questa annata.

E stata rafforzata dalla conferma che nelle prossime settimane verrà ufficialmente definito l’insediamento di Zlatan Ibrahimovic con un ruolo di consigliere privilegiato del patron Gerry Cardinale, principalmente di raccordo tra spogliatoio e uffici di Casa Milan.

A Lecce, ad affrontare i delicatissimi momenti successivi ad una partita prima stradominata e quasi vinta e poi gettata al vento e quasi persa a tempo scaduto – con tutto il corredo delle polemiche per gli ennesimi stop a gara in corso e la frustrazione che ha portato all’espulsione di Giroud, c’era soltanto il direttore sportivo Antonio D’Ottavio.

Col presidente Scaroni (sempre più proiettato sul progetto del nuovo stadio) a Milano, Furlani a Dubai per inaugurare l’apertura del nuovo quartier generale rossonero negli Emirati e il capo dell’area sportiva Moncada in giro per l’Europa a svolgere l’attività a lui più cara di scouting.


LA FIDUCIA A PIOLI – Un modo di vedere e di intendere lo svolgimento del ruolo di dirigente al fianco della squadra molto diverso da come siamo abituati a concepirlo ed intenderlo in Italia, ma che nei momenti più delicati e critici richiederebbe forse un cambio di tendenza.

La vittoria convincente contro il Paris Saint-Germain, che riapre scenari ottimistici per la qualificazione agli ottavi di finale di Champions League e a prospettive fondamentali di guadagni e di crescita del marchio.

Aveva probabilmente illuso più di qualcuno che il peggio fosse alle spalle e che la sequenza negativa inaugurata dal ko casalingo con la Juventus e proseguito col pesante ko di Parigi, il pari in rimonta subito a Napoli e lo scivolone inaspettato con l’Udinese fosse un lontano ricordo.

L’assunzione di responsabilità è consistita sin qui nella doppia conferma ricevuta a microfoni spenti da Pioli, considerato ancora come l’uomo giusto per raddrizzare una stagione complicatasi all’improvviso ma in grado ancora di regalare soddisfazioni.


AMMISSIONE DI COLPA? – La ricetta ideale forse non esiste nemmeno, ma mai come in questo momento l’allenatore rossonero, insignito di poteri decisionali maggiori dopo l’addio di Maldini e la creazione di un’area sportiva più snella, è un uomo solo, incapace di fornire le risposte adeguate ad una crisi che si aggrava col passare delle settimane.

Condizionato pesantemente da un problema infortuni del quale Pioli è da considerarsi corresponsabile – essendo la guida dello staff di sua fiducia – e per il quale non sembra avere la soluzione.

La scelta perseguita con grande determinazione di riportare a Milanello una figura come Ibrahimovic appare come una parziale ammissione di aver sottovalutato un aspetto fondamentale nel modo di fare calcio, anche all’americana.

Una presa di coscienza importante per provare a correggere la rotta prima che sia troppo tardi.46 gol in 81 presenze.