Rudi Garcia sarà il nuovo allenatore del Napoli

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I giochi sono fatti. Al 15 giugno, il Napoli annuncia il suo nuovo allenatore: a prendere il posto di Luciano Spalletti è Rudi Garcia.

L’ex tecnico della Roma, esonerato nel 2016 dopo 2 anni e mezzo proprio per fare posto al mister di Certaldo, torna in Serie A a seguito dell’esperienza in Arabia Saudita con l’Al Nassr.

L’avventura con Cristiano Ronaldo è durata qualche mese, salvo poi rescindere con il club e diventare libero sul mercato. Ma per quale ragione Aurelio De Laurentiis ha scelto proprio Rudi Garcia?

L’allenatore classe 1964 ha delle caratteristiche ben specifiche che si sposano in qualche modo al gioco del Napoli. In effetti, oltre a preferire moduli con la difesa impostata a 4, ama avere sempre il pallino del gioco e che le sue squadre siano offensive. Pressing alto, combinazioni rapide e tanti tanti gol.

Inizia la sua carriera da collaboratore tecnico nel 2000 al Saint Etienne, ma il primo vero incarico da allenatore lo ottiene nel Dijon, raggiungendo al secondo anno la Ligue 2 e mantenendo nella serie cadetta la squadra per tre anni di fila, fino al suo trasferimento a Le Mans.

A Lilla il capolavoro della sua carriera. Con il LOSC Lille, al suo secondo anno, riuscì a impadronirsi del campionato francese, con un gioco spumeggiante, caratterizzato da interpreti straordinari.

Nella formazione titolare di Rudi Garcia c’erano due giocatori su tutti che rubarono la scena: il 19enne Eden Hazard e il 23enne Gervinho. Il belga chiuse la Ligue 1 con 7 gol, ma chiaramente rubò la scena di mezza Euoropa.

L’ala africana, invece, andò addirittura in doppia cifra, mettendo a segno 15 reti in campionato. In attacco l’inaspettato Moussa Sow, che arrivò al Lille dopo una stagione disastrosa al Rennes: vinse il titolo di capocannoniere con 26 marcature.

Il modulo di quel Lille era, neanche a dirlo, il 4-3-3. All’interno della rosa, però, c’erano giocatori di un certo spessore: Debuchy terzino destro, Cabaye regista Rami difensore centrale e l’esperto portiere Landreau. Vinse il campionato con 76 punti, a +8 dal Marsiglia secondo.

Anche all’Olimpico, Rudi Garcia ha mostrato un gioco spregiudicato, volto all’attacco. Favorito da alcuni interpreti di grande qualità, il tecnico francese utilizzò il 4-3-3 ed ottenne due secondi posti di fila, prima dell’esonero inevitabile ad inizio 2016.

Se Cabaye aveva il compito di far girare il Lille, alla Roma c’era Miralem Pjanic, assistito da Nainggolan, che invece doveva fare il gioco più sporco e offrire quantità, oltre alla qualità, in mezzo al campo.

Chiaramente in quel centrocampo di livello c’era anche Daniele De Rossi: l’equilibratore e leader carismatico dello spogliatoio. In avanti, spazio ad un tridente mobile, che non dava molti punti di riferimento.

In primis, Francesco Totti, che si avviava verso la fine della carriera, ma aveva ancora molto da offrire in campo e ai propri tifosi. Fondamentale il suo ruolo di regista offensivo, che portava al gol esterni e centrocampisti.

Quella Roma di Garcia cercava in prima battuta sempre la possibilità di andare via in contropiede, viste le qualità tecniche e atletiche di Gervinho. Oltretutto, per il mister era importante andare a pressare alto il portatore di palla e riconquistare immediatamente il possesso.